LE DONNE SONO MENO BRAVE DEGLI UOMINI SUL LAVORO?

Nei tavoli di potere le donne non sono quasi mai rappresentate. Sono davvero meno brave degli uomini?

Ieri il ministro del Sud, Giuseppe Provenzano, ha compiuto un gesto molto forte.


Avrebbe dovuto partecipare a un convegno virtuale sulla ripartenza delle città italiane dopo il covid-19, ma si è accorto che nella lista dei partecipanti c’erano solo uomini.


Dodici uomini, nessuna donna.


Così ha declinato l’invito, dicendo: “Chiedo di togliere il mio nome dalla lista. È l’immagine non di uno squilibrio, ma di una rimozione di genere. Mi scuso con organizzatori e partecipanti, ma la parità di genere va praticata anche così.”


“Una rimozione di genere”, parole molto incisive quanto vere.


Gesto indiscutibilmente forte che ha creato molto consenso ma anche forti critiche, molte delle quali provenienti da donne.


La critica che si fa più spesso è: “non mi interessa il genere, ma la meritocrazia”.


È vero dunque che le donne sono meno brave degli uomini?


Ebbene, ecco alcuni dati.

Il rendimento scolastico delle donne mostra risultati nettamente superiori a quelle dei compagni maschi, ma nel lavoro, soprattutto in Italia, le prestazioni sono totalmente opposte.

Nella prima foto si vede come, in Italia, le donne dai 16 ai 24 anni abbiano il doppio delle competenze dei maschi a scuola, mentre nel mondo del lavoro, dai 25 ai 44 anni, siano svantaggiate. Per loro, infatti, le opportunità di trovare lavoro, di rimanere occupate quando si forma una famiglia e di ricoprire posizioni attinenti alla formazione scolastica, sono nettamente minori.

Fonte: Indagine PIAAC – Programme for the International Assessment of Adult Competencies. Skills Matter: Further Results from the Survey of Adult Skills – © OECD 2016

Che siano le donne magicamente a diventare meno intelligenti dopo i 25 anni? Le ricerche scientifiche evidenziano che il cervello delle donne “rimane più giovane” di quello degli uomini in media di tre anni a qualunque età (risultato della Washington University School of Medicine), quindi pare proprio che non sia questo il motivo.

È interessante, inoltre, notare come in Finlandia le competenze delle donne siano leggermente maggiori rispetto ai maschi durante la scuola e aumentino notevolmente durante il lavoro.

Quale può essere la spiegazione?

Ci sono due differenze fondamentali tra l’Italia e la Finlandia. La prima è più immediata e riguarda i sussidi ed i servizi a sostegno della maternità e prima infanzia. La maternità per le donne in Italia rappresenta uno svantaggio ancora notevole.

La seconda differenza, invece, dipende proprio dalla percezione della donna nella cultura dei due paesi. In Finlandia c’è una cultura di parità molto più forte rispetto all’Italia, dove invece le donne al potere sono ancora poche e il riconoscimento e la legittimazione delle loro capacità deve venire proprio dai maschi. Le donne si ritrovano quindi svalutate e demotivate, spesso escluse dalle informazioni e non valorizzate. Se una cosa viene detta da una donna, non viene riconosciuta come valida, se viene detta da un uomo, non solo viene ascoltata, ma viene anche celebrata. In alcuni settori, poi, questa differenza è schiacciante.

La donna deve fare 10 volte di più rispetto ad un uomo, per vedersi riconosciuto un decimo rispetto a lui. E spesso, non sono solo gli uomini a non riconoscere il valore delle donne, ma sono le donne, le prime a denigrarsi e a non voler vedere il problema.

Nella seconda foto ci sono i commenti all’articolo de Il Sole 24 ore che parlava di questa indagine sulle differenze delle competenze.

Si nota che due donne hanno screditato questa indagine, ritenendola una sciocchezza, nonostante sia sufficiente aprire gli occhi per vedere il numero infinitamente ridotto di donne nelle posizione di potere rispetto agli uomini.

Altra osservazione a dir poco disgustosa, è la reazione di due uomini:

– uno giustifica questa cosa per il fatto che le donne, finita la scuola, “cerchino un pollo da spennare invece che far fatica a lavorare”

– il secondo, invece, ritiene che alle donne nel mondo del lavoro non vengano richieste competenze, ma “altro”, chiaramente facendo allusioni a prestazioni sessuali.

I commenti di questi due uomini sono lo specchio della mentalità maschilista italiana, ferma ancora a pensare alla donna come un oggetto sessuale, incapace di fare altro.

Purtroppo c’è ancora molta strada da fare per eliminare questa mentalità sessista, non solo per gli uomini, ma anche per diverse donne.

Il gesto del Ministro Provenzano è sicuramente apprezzabile, ma bisogna fare molto di più.


Bisogna cambiare la cultura all’interno delle aziende, esigere la rappresentanza delle donne nelle posizioni di potere ma dare anche loro la possibilità di far carriera, attraverso le giuste promozioni, fin dall’entrata nel mondo del lavoro.


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