Il 5 marzo, nell’ascensore della stazione Circumvesuviana di Napoli, una ragazza di 24 anni ha subito un “presunto” (purtroppo sono costretta a scrivere questa parola) stupro di gruppo da tre ragazzi, uno di 18 e due di 19 anni, rampolli di famiglie in vista di Napoli.
I tre ragazzi, uno dopo l’altro, sono stati scarcerati.
“Non è raggiunta, allo stato degli atti, la soglia della gravità in ordine al dissenso alla consumazione dei rapporti”, è uno dei passaggi contenuti nelle motivazioni con le quali i giudici del Riesame di Napoli hanno scarcerato anche Raffaele Borrelli, il terzo indagato. Nei giorni scorsi erano tornati in libertà anche gli altri due: Alessandro Sbrescia e Antonio Cozzolino.
Dalle pagine del Tribunale si desume che, per i giudici, la ragazza non ha detto la verità e ha mentito anche a causa delle patologie di cui soffre (la 24enne è in cura da tempo in un centro di salute mentale per combattere una forma di anoressia che l’aveva portata a pesare 28 chili). Da qui la convinzione dei giudici di ritenere insussitenti gli indizi a carica dei tre giovani.
La decisione sulle tre scarcerazioni è stata assunta dai collegi composti (in distinte riprese) dai giudici Antonio Pepe, Vito Purcaro, Maria Vittoria Foschini e Sabrina Calabrese. A minare la credibilità del racconto della ragazza, per i giudici del Riesame, “assumono fondamentale rilevanza” le videoriprese delle telecamere della Circumvesuviana.
Quel martedì, stando alle motivazioni del collegio, nella fase terminale del “presunto” stupro, i magistrati visionano le immagini e colgono una situazione “connotata da esteriore tranquillità”. Anche quando i tre ricompaiono, una volta fuori dell’ascensore, “i due indagati escono insieme alla ragazza perfettamente ricomposta nel vestiario, con il cellulare in mano e la borsa a tracolla in condizioni di apparente tranquillità”.
Non solo: scrivono ancora i giudici che “l’atteggiamento della giovane, soprattutto nei momenti successivi a quella che è stata denunciata come un’efferata violenza sessuale di gruppo, appare a chiunque esamini il filmato in totale contrasto con un’esperienza di elevata traumaticità e drammaticità vissuta pochi attimi prima. Finendo per screditare anche l’eventualità di un dissenso sopravvenuto nel corso del rapporto”.
Ciò non toglie che, mezz’ora dopo, come confermano gli stessi magistrati, “la ragazza scoppió in una crisi di pianto”.
Di contro, la Procura rimarca gli esiti della perizia medica e di quella psicologica cui è stata sottoposta la donna dopo la denuncia. La prima ha evidenziato lesioni intime che avallerebbero l’ipotesi dello stupro, la seconda non ha fatto emergere profili di inattendibilità. “Ora ho paura, temo una vendetta, loro sanno dove abito”, aveva detto la 24enne alcuni giorni fa.
La donna fu trovata in lacrime su una panchina della stazione, in stato di shock. Soccorsa da un passante, fu portata in clinica e medicata. Raccontò subito l’accaduto alla polizia, che nel giro di poche ore, grazie anche ai filmati di sorveglianza, eseguì i fermi dei tre accusati.
Evidentemente, non si considera lo stato di shock che porta ad una tranquillità apparente, in quanto non si è in grado di reagire.
I tre ragazzi, inoltre, potrebbero avere minacciato la ragazza, intimandola di non piangere, urlare, o fare una scenata per attirare l’attenzione.
La ragazza, poi, essendo probabilmente molto magra data la malattia, non avrà avuto nemmeno le forze di scappare o ribellarsi.
Tutto questo fa venire il ribrezzo. Fa venire il ribrezzo il fatto che una ragazza denunci uno stupro di gruppo, ripreso dalle telecamere, presenti segni di lesioni intime verificate dai medici, venga trovata sotto shock e in una crisi di pianto poco dopo il fatto e, nonostante ciò, non venga creduta, perché era in un apparente stato di tranquillità (probabilmente derivante dallo stato di shock) subito dopo il fatto.
La cosa ancora più assurda è che tra i giudici che hanno preso questa decisione c’erano ben due donne.
Altra cosa che fa arrabbiare enormemente è che, guarda caso, i tre ragazzi sono ricchi rampolli di famiglie influenti e viene da domandarsi se i ragazzi fossero stati poveri e provenienti da ambienti degradati, se l’opinione dei giudici sarebbe stata diversa.
Questa ordinanza è l’ennesimo schiaffo in faccia alle ragazze che denunciano i loro aggressori.
Noi di Ihaveavoice non ci stiamo, vogliamo giustizia per tutte le donne. Vogliamo tolleranza zero. Vogliamo pene più dure e soprattutto certe.
Non possono esistere motivazioni tipo: è troppo brutta per essere stuprata, aveva i jeans, impossibile che sia stata stuprata, e ora questa, si era rivestita normalmente, aveva la borsa a tracolla ed era tranquilla, quindi non può essere stata stuprata. Tra l’altro non considerando le lesioni intime, che solo queste, di per sé, dovrebbero essere una prova inconfutabile di stupro.
Condividete il più possibile questo post. Bisogna far sapere cosa succede e bisogna fare qualcosa per far cessare questa infamia.
Basta violenza.
Basta screditare le donne.
Basta difendere chi abusa.
Con Non Una Di Meno di Napoli è stata organizzata una manifestazione oggi, venerdì 5 Aprile alle ore 17:00 presso la stazione Circumvesuviana di Piazza Garibaldi. A chiunque sia in zona, chiedo di partecipare.
Non possiamo accettare queste ingiustizie.
Seguiteci, condividete questo post e state con noi, insieme possiamo vincere!
Fonte: La Repubblica
Lascia un commento